Negli articoli precedenti riguardanti Agenda Tevere, è stata analizzata sotto molteplici punti di vista. È stato descritto il processo che ha portato alla creazione di Agenda Tevere, con un focus particolare sui turning points che hanno condotto numerose associazioni e singoli a costituire la suddetta entità. In seguito, sono state analizzate le associazioni che hanno contribuito alla creazione e quelle che hanno aderito ad Agenda Tevere in un secondo momento. È stata poi effettuata una panoramica degli obiettivi di breve, medio e lungo periodo che Agenda Tevere si è posta. Tra questi assumono una rilevanza centrale: lo strumento del Contratto di Fiume, alla cui analisi è dedicato il penultimo articolo della sezione “Cantiere Tevere”, e il metodo che Agenda Tevere ha deciso di adottare, che verrà analizzato in questo articolo, che conclude per il momento la narrazione del cantiere Tevere. Nell’ambito della strategia e degli obiettivi di medio e lungo periodo che Agenda Tevere si è posta acquisiscono una rilevanza cruciale lo strumento del Contratto di Fiume e il metodo progettuale che è stato adottato, che consiste nell’avvio di una serie di sperimentazioni lungo le rive del fiume, i così detti “cantieri sperimentali”. Questi due strumenti (il CdF e i cantieri) saranno funzionali al perseguimento dell’obiettivo finale, consistente nella ri-valorizzazione del fiume e delle sue sponde e di conseguenza della città tutta, e al progetto di lungo termine: la creazione di Villa Tevere (un parco urbano lungo le rive del Tevere)[2].
Lo strumento del Contratto di Fiume è stato precedentemente analizzato[3]. Verrà ora preso in considerazione il metodo progettuale che Agenda Tevere ha adottato e che guiderà le sue azioni e la progettualità condivisa: i cantieri. Il metodo di lavoro consiste infatti nella creazione di una serie di prototipazioni e azioni sperimentali sul territorio. “Il metodo” come afferma l’architetto Paola Cannavò[4], “nasce dall’idea che qualunque trasformazione debba avvenire sul territorio, con la partecipazione del territorio”. Paola Cannavò sottolinea dunque l’importanza dell’utilizzo di un approccio che preveda il co-design come pratica fondamentale per la buona riuscita di un qualsivoglia progetto. Ha spinto per apportare questa metodologia in Agenda Tevere per il successo che aveva garantito nelle esperienze delle co-cities portate avanti da LabGov. Quello del co-design è infatti un elemento fondamentale nella metodologia Co-City elaborata da LabGov e utilizzato in molti progetti di LabGov, incluso Co-Roma.
Credits to: http://labgov.city/ L’approccio metodologico Co-City (il protocollo Co-City)[5], caratteristico di una città collaborativa (una città che si basa su un modello fondato sui commons, dove la città è intesa come un bene comune: the city as a commons), sviluppato sulla base dell’esperienza acquisita da LabGov nel corso di anni di lavori in collaborazione con numerose città italiane e grazie allo studio di best practices a livello mondiale[6], è articolato in sei fasi: conoscenza, mappatura, sperimentazione, prototipazione, monitoraggio e modellazione (cheap talking, mapping, practicing,prototyiping, testing, modeling)[7].
Il Co-design è una metodologia adottabile per implementare le fasi del Co-City Cycle.
Credits to: http://labgov.city/
La co-creazione dei suddetti cantieri sperimentali assolve diverse funzioni. Spiega ancora Paola Cannavò, questi “da un lato permettono ad Agenda Tevere di costruire sul campo le linee guida, coinvolgendo i cittadini romani e dimostrando loro che molto di positivo si può fare, dall’altro il coinvolgimento diretto del territorio garantisce il presidio dei luoghi che una volta trasformati devono necessariamente essere vissuti per non ricadere nelle condizioni di degrado di partenza”. La sperimentazione sui territori, nelle intenzioni di Agenda Tevere, condurrà quindi gli abitanti di Roma a riappropriarsi del fiume, tornando a viverlo e a partecipare ai progetti portati avanti sulle sue sponde, che, una volta messi a sistema moltiplicheranno i loro effetti e gli impatti benefici. Caratteristica di queste azioni prototipali è che l’input non proviene da Agenda Tevere. Questa infatti recepisce le richieste del territorio e, dopo aver valutato l’intervento, decide, se del caso, di avviare la sperimentazione, agendo da facilitatore del processo. Paola Cannavò riassume questa peculiarità affermando che “quando ad Agenda Tevere viene proposta una trasformazione di un luogo dal territorio, dai cittadini che si attivano per recuperare, riqualificare, valorizzare un area degradata, allora la ONLUS si muove facilitare il processo di trasformazione e realizzarlo con gli attori da cui parte la proposta.” Non è quindi Agenda Tevere in primis l’attore che va ad agire sul territorio, ma “fa un’alleanza con gli attori territoriali che hanno quest’esigenza di trasformare un luogo aprendo un cantiere e dà un supporto (nel rapporto con le istituzioni, nei lati giuridici/progettuali/urbanistico-paesaggistici) e nel frattempo Agenda Tevere impara sperimentando”. L’utilizzo di questo metodo costituirà un prezioso archivio di esperienza che Agenda Tevere potrà utilizzare per raggiungere l’obiettivo della creazione di Villa Tevere nel lungo periodo.
[1] La sezione “Cantiere Tevere” sul blog di Co-Roma.it: http://co-roma.it/co-roma-2/cantiere-tevere/
[2] Gli obiettivi di lungo termine di Agenda Tevere sono stati esposti ed approfonditi qui: http://co-roma.it/2018/11/05/agenda-tevere-gli-obiettivi-di-breve-medio-e-lungo-periodo/
[3] Lo strumento del CdF è stato approfondito qui: http://co-roma.it/2018/11/15/agenda-tevere-il-contratto-di-fiume/[4] membro del consiglio direttivo della ONLUS (all’interno del quale è responsabile del coordinamento dei progetti) e membro del comitato scientifico di LabGov e parte attiva del team di lavoro del progetto Co-Roma
[5] Per approfondire l’approccio metodologico Co-City si veda: http://commoning.city/co-city-approach/
[6]http://labgov.city/commonspress/the-co-city-cycle/
[7] S. Foster, C. Iaione, The City as a Commons, Yale Law & Policy Review, Volume 34, Issue 2, 2016. pag. 345 http://digitalcommons.law.yale.edu/ylpr/vol34/iss2/2?utm_source=digitalcommons.law.yale.edu%2Fylpr%2Fvol34%2Fiss2%2F2&utm_medium=PDF&utm_campaign=PDFCoverPages